Il futuro della Moda

Chiuri (Dior): «La moda democratica? Non esiste. Sostenibilità difficile per le Pmi»

La testimonianza e le riflessioni della direttrice creativa alla presentazione del convegno internazionale di Confindustria Firenze che si terrà a marzo 2022

di Silvia Pieraccini

2' di lettura

Un convegno internazionale sul futuro della moda, una delle manifatture strategiche dell’area fiorentina, sarà organizzato da Confindustria Firenze il prossimo 25-26 marzo nel Salone de’ Cinquecento in Palazzo Vecchio, col titolo Future for fashion. Lunedì si è tenuta un’anteprima di quell’incontro che ha visto la partecipazione di Maria Grazia Chiuri, direttrice artistica delle collezioni donna del marchio francese Dior, invitata dal presidente di Confindustria Firenze, Maurizio Bigazzi, in una sede esclusiva: la sala del Botticelli all'interno della Galleria degli Uffizi, dove sono esposti due tra i dipinti più conosciuti al mondo, come ‘La nascita di Venere’ e ‘La Primavera’.

Il valore inestimabile del «saper fare»

Proprio sotto l’abito di Flora, personificazione della primavera, Chiuri (nella foto in alto con Maria Luisa Frisa, critico, curatore e professore ordinario all'Università Iuav) ha raccontato i suoi esordi fiorentini, quando lavorava per il marchio Chiara Boni («salivamo in macchina per andare a prendere mezzo metro di tessuto a Prato»), sottolineando l’attenzione per il processo produttivo e la filiera artigianale che all’arrivo in Dior, cinque anni fa, lasciò un po’ sorpresi i francesi abituati a guardare soprattutto alla creatività. «Il territorio è stato molto importante per la mia formazione – ha detto Chiuri – ed è un aspetto del mio percorso lavorativo». Da l «valore inestimabile» delle botteghe artigiane, al «rapporto con la catena produttiva», la stilista ha invitato a non disperdere il patrimonio di conoscenze e di “saper fare” che l’Italia possiede «più di ogni altro Paese». E, guardando al futuro della moda alle prese con la transizione ecologica e con le collezioni sostenibili, ha messo in guardia: «La transizione ecologica richiede un cambiamento culturale e investimenti che solo le grandi aziende possono permettersi. Il rischio è che, in questo nuovo scenario, gli artigiani che non hanno risorse da investire siano tagliati fuori dal mercato in pochi secondi, così come i giovani design che vogliono lanciare un brand. Il divario tra grandi e piccoli rischia di allargarsi».

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Transizione ecologica: i compromessi per aiutare i piccoli

Per questo, secondo Chiuri, andranno trovati «compromessi fattibili» per accompagnare la transizione ecologica. La stilista ha indicato poi la strada della qualità come unico faro che, anche in futuro, dovrà guidare la moda. «L’idea della moda “democratica” in Italia ce la dobbiamo togliere dalla mente – ha detto Chiuri – se un capo è fatto bene, perché dev’essere “democratico”? La qualità a prezzo basso non esiste, se il prezzo è basso è perché dietro c’è qualcuno che non è stato pagato bene».

La capacità manifatturiera che Firenze mantiene nella moda, con la leadership nelle borse e la tradizione nell’abbigliamento e nelle calzature, sarà al centro del convegno Confindustriale di marzo. «Quella nostra capacità di fare, all’ombra dei campanili, le cose che piacciono al mondo – ha detto il presidente Bigazzi - va aggiornata alle sfide dell’innovazione tecnologica, della digitalizzazione, della sostenibilità, della responsabilità sociale. Vogliamo riflettere su questo perché ciò che realizzeremo nei prossimi anni condizionerà i prossimi venti».

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